Chi è Anna Magnani?

Anna Magnani è una Donna. Affermazione tutt’altro che scontata. Ed è stata soprattutto per i suoi tempi una donna moderna.

Anna Magnani, nel suo essere donna completamente, rappresenta la normalità, segue la natura delle cose.

P. Pintus intervista Anna Magnani, 1965. 

Il suo ricordo non è mera rievocazione storica, ma effettiva evocazione di una donna che non solo è stata, ma continua ad essere. La sua esistenza prosegue senza soluzione di continuità, come un filo mai spezzato e, di fatto, resistente al trascorrere incessante del tempo.

La sua assenza fisica non sembra di fatto destinarla all’oblio, perché Anna Magnani, grazie anche alle sue interpretazioni visibili a tutti, nel suo apparire e scomparire sullo schermo, ci ricorda (se mai ce ne fosse bisogno) che c’è. E vive nelle emozioni, nei suoni, nelle immagini che fortunatamente la conservano donna, non mito (come accade a molti dei suoi colleghi).

Lei stessa, che pur ben consapevole del proprio talento, ha sempre rifiutato di essere pontificata, adulata, mitizzata. Ancora oggi, pertanto, la Magnani non è un mito… la Magnani è una donna.

 

ANNA MAGNANI ATTRICE

Ma Anna è anche Attrice, nel senso più nobile del termine. E’ attrice d’istinto, di scuola e di tecnica.

Le donne che vivono sullo schermo o sulle tavole del palcoscenico sono ricomprese nel suo essere donna, nel suo essere Anna, inevitabilmente e in maniera inscindibile. Le sue donne non indossano una maschera, non muoiono alla fine della rappresentazione, non fingono emozioni e sentimenti. Vivono tacitamente con la Magnani donna, sempre presente.

La vera forza di Anna Magnani è forse in questo, nello stupore e l’incanto che suscita, nella forza e il coraggio che accompagna ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo sguardo, ogni suo respiro.
Eppure non era nemmeno la donna pronta a “nascondersi” dietro i suoi personaggi, ma con essi si fortificava, amplificava vita e sentimenti.

Donna e Attrice, quindi, di grande onestà intellettuale e generosità, libera da pregiudizi e preconcetti, con i suoi entusiasmi, le sue pigrizie, le sue paure, le sue insicurezze. Una donna, insomma, che faceva del proprio mestiere quello che ogni artista dovrebbe fare: lo rispettava e lo temeva, amandolo.

Il famoso “caratteraccio” che alcuni le attribuiscono altro non è che rispetto per ciò che si ama. Un rispetto e un amore che non hanno mai ceduto il passo alle meschinità, al cinismo, all’ipocrisia del mondo dello spettacolo, sempre pronto ad osannare, ma anche a fagocitare e a distruggere.

Lello Bersani intervista Anna Magnani, 1971.

Battezzata con i nomi Anna Maria, nasce nella Roma degli inizi del XX secolo (7 marzo del 1908).
Vive un’infanzia privata dei genitori, ma non d’affetto. La nonna materna adorata, Giovanna, la ricopre d’attenzioni (nei limiti del possibile) e, di fatto, si occupa della sua crescita e della sua istruzione, interrotta per intraprendere una carriera artistica, vista dalla giovane Magnani come meta di soddisfazioni umane e professionali.

L’amore per la musica, che da sempre l’accompagna, induce la giovane Anna ad iscriversi al Conservatorio per studiare pianoforte. Ma scoprirà presto che la vita fatta di note, scale, pause non l’appaga completamente. Anna vuole qualcosa di più. Quel qualcosa di più è l’Accademia d’Arte Drammatica “Eleonora Duse” (oggi “Silvio D’Amico“, suo maestro e sostenitore), dove trova calore, condivisione, entusiasmo e spirito creativo.

Sui palcoscenici d’Italia, Anna entra in contatto con un mondo affascinante, dove niente è scontato e dove il talento solo a volte non basta. Affronta il pubblico, si mette in gioco, “ruba” consigli, riceve lusinghe, ma le parti che le assegnano sono sostanzialmente limitate ad una comparsa o poco più.

Non mancano momenti di scoraggiamento, di ansia, di paura, di nervosismo, affrontati con quella forza umana tipica delle anime grandi. La Magnani non si arrende e continua a percorrere quella strada che pure è lunga e tortuosa, consapevole, forse, della sua vera natura e del sacro fuoco che custodiva. I risultati arrivano, la vita sembra premiarla.

In pieno conflitto mondiale, la Magnani è impegnata con il teatro di “rivista” (genere teatrale molto amato all’epoca) accanto ad un altro portento, Totò. I romani affollavano i teatri per trovare la spensieratezza che mancava nella realtà quotidiana. E i due attori non li deludevano. Scaldavano il pubblico con battute e riferimenti satirici, sbeffeggiavano la polita di regime, responsabile del tragico destino del paese.

Il teatro e poi l’approdo al cinema, che è necessariamente di regime nel periodo dei cosiddetti “telefoni bianchi”, dove le donne erano concepite come soggetti secondari, marginali.
Anche la Magnani dovrà adattarsi a recitare in film che non permettono una piena valorizzazione del suo talento e un’effettiva estrinsecazione delle sue capacità attoriali.
Ma nei film “popolari” dei primi anni ’40 la Magnani ritrova finalmente la sua indole artistica.

In un paese in piena guerra mondiale, in una città che vede approssimarsi la distruzione, i personaggi della Magnani sono donne forti, che non si abbattono, che prendono decisioni e le attuano con la veemenza di chi non vuole subire.

Anche il cinema, finalmente, la riconosce e la eleva a simbolo di un periodo storico nefasto: “Roma città aperta” di Roberto Rossellini la consacra come icona vivente di tutte le donne di Roma, di tutte le donne d’Italia, decise a non soccombere, decise a resistere. E lo rimarrà fino ai giorni nostri.

Il successo, con tutte le sue conseguenze, arriva nella vita di Anna che aspira anche ad una serenità e stabilità sentimentale accanto a Roberto Rossellini, l’uomo cui buona parte del mondo dello spettacolo riconosce il merito, il coraggio e l’intelligenza di aver dato vita ad una nuova forma espressiva per il cinema italiano, il Neorealismo.

Gli anni che seguiranno, della ricostruzione per un’intera nazione, saranno per la Magnani quelli dell’ascesa professionale, che culminerà con la vittoria del premio Oscar nel 1956.
L’Academy le tributerà grandi onori, vedendo in lei la donna nell’artista, dagli occhi infuocati, dalle reazioni vulcaniche, dal cuore nobile e sincero.

Il ritorno in Italia, consacrandola come punta di diamante, cristallizza tuttavia il suo personaggio. La società cambia e con essa le “mode” e le speranze.

La Magnani ritornerà al suo primo amore, il teatro, con grande entusiasmo. Sperimentale il suo approdo alla televisione, che sempre aveva guardato con diffidenza, con i quattro film diretti di Alfredo Giannetti, cui essa si affida con stima e amicizia.

La sua morte, avvenuta il 26 settembre del 1973, non immiserisce la sua vita, anzi la proietta oltre. La sua vita è nelle sue donne che vivono un tempo senza tempo, nell’aria, nei tetti, nelle strade, nei vicoli, nei gatti pigri di una città che, proprio come lei, non smette di stupire e incantare.

di Mariangelica Lo Giudice
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Anna Magnani e la vittoria dell’Oscar nel 1956.

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