Dopo iniziali titubanze e umane perplessità, Anna Magnani si sente finalmente pronta a varcare le frontiere nazionali per approdare a Hollywood e lavorare nella grande industria cinematografica americana. Incoraggiata in tal senso dal drammaturgo e amico Tennessee Williams (del quale diventerà e musa), girerà in America tre film.

Il primo è “The Rose Tattoo” (1955, di Daniel Mann), che Williams aveva scritto pensando a lei e che le propose di recitare in teatro, a Broadway, ma i limiti rappresentati principalmente dall’insufficiente conoscenza della lingua inglese indurranno Anna a rifiutare. Ma il drammaturgo non si darà per vinto e riuscirà, grazie anche all’intervento del produttore Hal Wallis, a convincere la Magnani a girarne il film, quel film che la consacrerà quale prima attrice italiana a vincere un premio Oscar.

La protagonista è Serafina Delle Rose, emigrante siciliana, moglie devota e madre di una figlia, Rosa (Marisa Pavan), che saltuariamente lavora in casa come sarta. Il marito, Rosario, è camionista di nobili origini, che trasporta banane (in realtà si scoprirà essere un corriere della droga già sorvegliato dalla polizia).

L’uomo è presente solamente nelle scene iniziali del film, quando Serafina torna a casa felice di aver scoperto di attendere un secondo figlio ed entusiasta nel comunicare la notizia al marito che stava riposando. La scena è pregna di sensualità e tenerezza, Serafina avvolge l’uomo di baci e carezze.

Proprio in quel momento bussa alla porta Estella Hohengarten (Virginia Grey), chiedendo a Serafina di confezionare una camicia di seta rosa per l’uomo che ama. Serafina accetta il lavoro, ignorando che quella donna è l’amante del marito e la camicia è un regalo proprio per Rosario, che, sentita la conversazione tra le due donne, si precipita in strada senza salutare la moglie e parte con il suo camion.

Inseguito dalla polizia, Rosario perde il controllo del mezzo che sbanda ed esce di strada, provocando la morte dell’uomo. La notizia sconvolge Serafina tanto da indurle un aborto spontaneo. La sofferenza è indicibile e a nulla servono le parole della figlia che cerca disperatamente di riportarla alla vita.

Serafina si chiude in casa, nel suo dolore, imponendo anche a Rosa lo stesso destino. La ragazza, però, non ci sta e si ribella: è giusto e umano che viva la propria adolescenza come tutti i suoi coetanei.

Ma Serafina non può comprendere le esigenze della figlia; è lacerata dalla scomparsa del marito, ossessionata delle maldicenze che circolano circa la sua presunta infedeltà.
Il peso dell’ossessione angosciosa diviene insostenibile e si rivolge a Padre De Leo (Sandro Giglio) per avere notizie certe e veritiere. Il sacerdote, seppur oltremodo comprensivo, non può rivelarle nulla perché il segreto della confessione è inviolabile: è necessario rispettare questa fondamentale norma a costo di tutto.

Serafina lo implora di dirle la verità, fino alla disperazione, rimproverando se stessa, forse, di non aver compreso o voluto comprendere la realtà, in nome di un sacramento matrimoniale vissuto con assoluta devozione e per questo considerato indissolubile.

In quell’occasione incontra Alvaro Mangiacavallo (Burt Lancaster) che la rincuora e la sostiene. È un uomo apparentemente allegro, positivo, di certo stravagante ma profondamente solo, da subito affascinato e turbato dal temperamento della vedova. Il sentimento che lo lega a Serafina è probabilmente il bisogno di certezze emotive (oltre che materiali).

In lei vede una donna seria, simpatica, umana, attraente e cercherà di conquistarla, facendole riconsiderare e apprezzare le piccole gioie della vita che si nascondono dietro i grandi drammi esistenziali. Serafina, dapprima scostante e sospettosa, imparerà col tempo ad amare Alvaro con tutte le sue debolezze.

Destino vuole che anche lui abbia origini siciliane e sia un camionista (proprio come Rosario) ma senza, fortunatamente, alcun legame con la malavita.

Serafina si presenta come un uomo scanzonato, semplice, credulone. Un uomo che vive alla giornata, che non ha pretese né grandi ambizioni se non quella di trovare una stabilità sentimentale e affrancarsi dalla famiglia d’origine. Sarà lui, di fatto, a starle accanto quando Serafina, ormai completamente incontrollabile, scopre la verità sul suo matrimonio che credeva perfetto e incontra l’amante del marito.

Lo scontro verbale e fisico tra le due donne segna la fine di un’illusione e l’inizio di una nuova vita accanto ad Alvaro. Si ricomporrà anche la crisi con la figlia (che nel frattempo si era fidanzata con un giovane marinaio), rea di averla mortificata e rimproverata. Madre e figlia si abbracciano e ogni dissapore si appiana. Serafina può finalmente riprendere in mano la propria vita, senza rimpianti, senza più struggimenti, libera nello spirito e consapevole.

Il personaggio di Serafina è ideale per il temperamento di Anna Magnani, che lo assorbe e lo vive con prodigio ed esuberanza, pur essendo costretta talvolta a rientrare nei canoni hollywoodiani.

Difatti, a osservare con maggiore attenzione la sua recitazione nei film americani, non si può non notare come a volte la “nostra” Magnani diviene la “loro” Magnani.
Quella Magnani che rappresenta lo stereotipo della donna mediterranea, sanguigna, viscerale, morbosa, ossessiva. Un’immagine che il pubblico americano di quegli anni associa all’Italia, percepita come un universo affascinante, seppur contraddittorio e a tratti incomprensibile.

È forse la trasposizione in immagini delle sensazioni di Williams in seguito al suo viaggio in Sicilia e il volto di questa Italia non può che essere quello della Magnani, che già aveva incantato il Nuovo Mondo con la sua Sora Pina di “Roma città aperta”.

Le reazioni, gli sguardi e soprattutto i gesti sono riconoscibili, seppur contenuti. La Magnani, che per la prima volta recita in inglese, fa ricorso a tutta la sua intelligenza e dà vita ad una Serafina forse meno nevrotica di quanto ci si potesse aspettare.

Spicca indubbiamente, oltre alla condizione sofferente, un’intelligenza e un pragmatismo che la distinguono dalle donne che la circondano. Serafina sembra essere l’unica donna in mezzo a tante donnine e per questo motivo si isola, si incupisce, si chiude nel proprio silenzio e nella propria insofferenza.

La morte del grande amore della sua vita la consegna alla depressione ma senza mai neppure una richiesta di aiuto, di commiserazione.

Serafina vive il proprio dolore con orgogliosa dignità, che non si trasforma mai in vittimismo, ma semmai in una sorta di macabro compiacimento. Se l’uomo che ama è morto, anche lei, un po’, deve morire.

L’evoluzione spirituale del personaggio tocca tutte le corde emotive, lo spettatore s’innamora di Serafina perchè ne apprezza la forza e il coraggio, ma anche perché è la più compiuta espressione di una condizione comune a molte donne che, legate ad una certa cultura religiosa e popolare, anche in America portano con loro quegli insegnamenti e li mettono in pratica con rigore e umanità.

Ma Serafina si riscopre anche donna e finisce per imporre la propria natura ponendola a scudo nei confronti di tutte le intemperie della vita. Nel momento in cui fa propria questa nuova consapevolezza, ritorna finalmente la luce nella sua vita e tutto il dolore, i complessi, i pregiudizi e le paure si dissolvono e cedono il passo a nuovi valori, nuove speranze, nuovi sogni.

Il contesto è quello tipico degli italoamericani, abbondante di stereotipi tuttavia mai caricaturali. Williams dimostra di avere una sensibile attenzione ai dettagli della vicenda, non marcando mai nè indugiando eccessivamente. Le origini siciliane della protagonista, pur menzionate, sono completamente assenti e non la caratterizzano: non risulta di particolare importanza per gli americani una distinzione tra italiani di differenti regioni, forse per l’indubbia difficoltà per uno straniero di ravvisarne le differenze e le analogie. D’altronde, il film è un totale omaggio all’arte di Anna Magnani e, prescindendo da ogni altra considerazione di ordine logistico, possiamo serenamente affermare che l’unica vera Serafina Delle Rose non può non avere il volto della nostra più grande interprete.

di Mariangelica Lo Giudice
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