La consegna alla celebre attrice del premio David ha fatto affluire nella sede dell’Istituto Italiano di cultura a Nuova York una piccola folla tumultuante. Ad attenderla vi era la nostra Anna Magnani

Negli stessi giorni in cui al XII Festival Internazionale di Cannes trionfava “Orfeu negro” di Marcel Camus, Anna Magnani si trovava a Nuova York per iniziare, sotto la guida di Sidney Lumet, la lavorazione del suo terzo film americano: “Orpheus descending” (La discesa di Orfeo), ispirato al dramma omonimo di Tennessee Williams.

Dopo aver recitato al fianco di Burt Lancaster (“La rosa tatuata“), di Anthony Quinn e Anthony Franciosa (“Selvaggio è il vento“), la Magnani ha questa volta come compagno un attore ancor più famoso: Marlon Brando, affiancato da Joanne Woodward, moglie di Paul Newman.

Se si tien conto che Sidney Lumet (“La parola ai giurati”) è a ragione considerato uno dei più dotati registi dell’ultima leva hollywoodiana, si può concludere che questa sua terza esperienza americana sarà molto importante e, forse, la ripagherà della mancata assegnazione del premio della migliore interpretazione per “Nella città l’inferno” che la giuria di Cannes preferì attribuire a Simone Signoret.

Si direbbe, comunque, che il mito di Orfeo sia di moda per i cineasti di tutto il mondo. E’ di questi giorni che la notizia che Jean Cocteau ritornerà presto al lavoro di regista con un film che si intitola “Il testamento di Orfeo”. Con il mitico cantore dell’Ellade il poliedrico e intramontabile “enfant terrible” della letteratura francese ha la mano felice: “Orphée”, tragedia in un atto del 1926, è una delle sue opere teatrali più riuscite e il film omonimo che diresse nel 1950 ottenne a Venezia un premio della critica internazionale.

A Nuova York Anna Magnani s’è incontrata con la coppia più celebre del mondo dello spettacolo americano: i coniugi Miller.

Il 14 maggio, all’Istituto Italiano di Cultura, a Marilyn Monroe è stato consegnato il David premio dell’Open Gate-Club Internazionale del Cinema, come migliore attrice straniera dell’anno 1958. Il premio è per la sua interpretazione, al fianco di Laurence Oliver, di “Il principe e la ballerina”.

Il David è uno dei 67 premi cinematografici che, ogni anno, si distribuiscono in Italia ma non è dei meno ambiti. Dopo i Nastri d’Argento e le Grolle d’Oro valdostane (ma quest’ultimo è in decadenza) è, forse, il premio più importante se non altro sotto il profilo mondano: all’Open Gate Club sono iscritti i più bei nomi della vecchia e della nuova aristocrazia (di sangue o di denaro) della Capitale.

All’Istituto Italiano di Cultura, dove faceva gli onori di casa il direttore prof. Filippo Donnini, Marilyn Monroe è giunta, in compagnia del marito Arthur Miller, scortata da un piccolo corteo di automobili della Polizia con le sirene in azione.

Aveva soltanto mezz’ora di ritardo il che, per una specialista nell’arrivare tardi a qualsiasi genere di appuntamento, costituisce – secondo gli esperti – un primato di puntualità. («Odio le persone troppo precise – disse una volta – non riesco a comprendere i tipi che prenotano un posto in aereo il venerdì per partire il lunedì. Come fanno? Di domenica possono succedere tante cose!»).

La bionda attrice appariva particolarmente raggiante; persino suo marito appariva più sorridente del solito. Alla consegna del premio Marilyn Monroe ha detto qualche parola di circostanza, dichiarandosi lusingatissima di quel premio che le giungeva «da quell’incantevole paese che è l’Italia».

Marilyn Monroe consegna David Donatello

«Arthur ed io – ha soggiunto – abbiamo intenzione di fare un viaggio in Europa prima della fine dell’anno; e almeno una settimana sarà dedicata all’Italia. Vorrei visitare specialmente Parma, Busseto… Non per Verdi. M’hanno detto che lì si mangia il più buon culatello del mondo».

La pronuncia yankee del nome del famoso salame emiliano era così incomprensibile che ha dovuto ripeterlo tre volte ad Anna Magnani che s’è fatta pazze risate, imitata poi dalla sua illustre collega alla quale, nel frattempo, era stata spiegata l’origine del nome.

A un giornalista che, approfittando della momentanea assenza di Arthur Miller, le aveva posto una domanda, nelle sue intenzioni, insidiosa, Marilyn Monroe ha risposto: «Non chiedetemi chi è Donatello. Lo so anch’io che non è il nome di un cavallo».

Nonostante gli screzi avuti con il regista Billy Wilder (sempre a causa della sua mancanza di puntalità e delle sue frequenti crisi di “angoscia esistenziale”) Marilyn Monroe è molto soddisfatta della riuscita del suo ultimo film “Some like it hot” (A qualcuno piace calda) che la maggior parte della critica americana e inglese ha giudicato una delle farse cinematografiche più divertenti degli ultimi anni.

Non ha ancora precisi progetti di lavoro per l’avvenire, sebbene da qualche settimana si parli con insistenza della sua partecipazione, come protagonista, al prossimo film di Elia Kazan “Time and tide” (Tempo e marea).

Era dai tempi lontani di “La tua bocca brucia” e di “Niagara”, che la Monroe non interpretava, come protagonista, parti drammatiche.

Un altro progetto dovrebbe essere ancor più interessante. Arthur Miller è al lavoro da qualche mese per scrivere lo scenario originale di un film che si intitola “Misfit” (Fuori posto).

E’ la storia di una donna che si reca nel Nevada per ottenere il divorzio e passa così sei settimane in una località di montagna, isolata dalla società che fino a quel momento aveva frequentato; è durante questa vacanza forzata che impara a conoscersi e a riinserirsi nella società dalla quale, fino a quel momento, si sentiva esclusa. «La parte non era stata ideata su misura per mia moglie – ha dichiarato Miller – ma ora che ho quasi terminato il lavoro, mi accorto che potrebbe esserne l’interprete adatta. Di questo avviso sono anche i produttori che m’hanno dato la commissione».

Arthur è, intanto, al lavoro per un’altra commedia. Si è rifiutato di fare commenti sulla progettata riduzione in commedia musicale del suo “Sguardo dal ponte”, limitandosi a dichiarare che tutto si può fare se si ha intelligenza e gusto.

M. C.