Crede che Anna Magnani sia stata e sia ricordata come merita dal mondo del cinema, da Roma, dall’Italia? 

Credo di no. In Italia c’è molto la tendenza a dimenticare, a sottovalutare e a rimanere incantati per tutto ciò che viene da fuori, dall’estero. In generale non diamo molta importanza al nostro patrimonio artistico. Di persone come Vittorio De Sica e Pietro Germi ad esempio non si parla più. All’estero non è così, proteggono molto di più i loro artisti e non solo.

Com’è il ricordo di Anna Magnani all’estero? 

Il ricordo ovviamente è più blando, ma trovo che nei giovani ci sia una cultura molto più attenta, in Germania, in Francia, mentre da noi gli amatori sono pochi, là sono in numero maggiore e c’è un approccio diverso verso le persone valide, specie gli artisti. Oggi in Italia c’è una situazione miserevole, per diventare attrice la strada è diventare velina. Queste persone tarpano le ali e tolgono spazio a chi ha qualità, ma non entra nello spettacolo attraverso il canale televisivo.

Chi è l’Anna Magnani di oggi? Quale attrice può legittimamente definirsi l’erede artistica di Nannarella?

Non penso ci sia nessuno di paragonabile a lei, non avrebbe senso che ci fosse. Non c’è non perché sia irraggiungibile, ma perché i tempi sono cambiati, una donna come lei sarebbe fuori posto. Nessuno oggi si identifica in un personaggio come accadeva a quei tempi. Oggi ci si identifica con il “Grande fratello”, migliaia di persone che vanno ad acclamare uno che è uscito da una stanza dopo un mese e mezzo. La cosa tragica è che le eventuali persone di qualità che ci sono oggi nel nostro paese hanno una difficoltà estrema a emergere.

Perché Anna Magnani è stata l’attrice più amata dal pubblico non solo romano? Quale è stato il segreto del suo successo? 

Rappresentava i problemi, le persone, i modi di pensare dell’epoca. La gente si identificava, si era appena usciti da una guerra, c’era un’Italia disastrata, il pubblico aveva altre esigenze. Oggi con la globalizzazione un fenomeno che accade in America è come se avvenisse al piano di sotto, c’è una grande elasticità di comunicazione e di partecipazione. Quella era un’epoca irripetibile come del resto lo è questa. Il successo oggi è molto rapido, uno si brucia molto; all’epoca il successo era molto lento, ma poi rimaneva nel tempo.

Dai suoi ricordi, quali erano le differenze tra l’Anna Magnani pubblica e quella privata, tra la diva e la madre? 

Mia madre non poteva permettersi di fare la mamma a tempo pieno, era l’unica persona che lavorava in casa non è che avesse un marito o un compagno a mantenerla, era lei l’uomo di casa e alla fine del mese doveva far quadrare i conti. Io e mia madre comunque facevamo due vite molto diverse. Oggi le attrici famose si portano dietro sul set tutta la famiglia, all’epoca non era così perché economicamente non era possibile e così pure culturalmente. I bambini mangiavano alle sette di sera, i grandi alle nove, c’era tutta un’altra impostazione.

Ricorda qualche episodio particolare? 

No, perché io non partecipavo molto alla vita cinematografica di mia madre. Io ero il bambino e lei era la madre, però il suo mondo lavorativo non faceva parte del mio mondo. Non era una madre comune perché non faceva un mestiere comune. Era un personaggio anomalo all’epoca in cui andavano le bionde svedesi. Lei invece è venuta fuori con una fisicità totalmente agli antipodi. All’inizio sulla carta era perdente, ma è riuscita con la sua bravura, con la sua intelligenza, con le persone con cui ha lavorato a sfondare in un mondo che era prettamente maschilista.

Quali, tra i film di sua madre, rivede più volentieri?

Io rivedo piacevolmente i vecchi film, quelli che rappresentano il nostro paese da Abbasso la ricchezza, a Abbasso la miseria, a Campo de’ fiori, a Roma città aperta. Sono un quadro del nostro paese. In questo senso viene fuori un aspetto sentimentale di un’Italia che non c’è più. L’Italia degli anni Quaranta, Cinquanta, Sessanta era talmente diversa e talmente piacevole, convivevano una miseria da cani, ma anche un paese molto naif, molto pulito. Era un’Italia molto bella, molto riconoscibile.

C’erano all’epoca degli obiettivi che oggi mancano. Era un mondo più piccolo, più provinciale che quando scopriva un idolo, un personaggio con cui si poteva immedesimare lo faceva fino in fondo. Oggi non se ne ha il tempo. Appena ti appassioni a qualcosa, arriva qualcos’altro, non si riescono più a metabolizzare, a far propri i personaggi. Si guarda molto di più all’aspetto fisico e poco all’interiorità, all’epoca il personaggio veniva seguito più interiormente, indipendentemente dalla sua fisicità.

Luca Magnani (2003)

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