In occasione delle riprese del film “Mamma Roma” Pier Paolo Pasolini incontra Anna Magnani nel suo attico di Palazzo Altieri. Pier Paolo durante la serata osserva Anna e, sentendosi ispirato, si lascia andare alla scrittura di questo testo sensibile e poetico…

Osservo Anna Magnani, là in fondo, sul divano del salotto elegante, dietro un prezioso pezzo d’antiquariato, carico di scatolette e vassoietti di dolci di prima qualità.

Tace, mezza nascosta. La pelle è bianca, e i due occhi sono come un grande fazzoletto nero, che la fascia sopra il naso. Tace, ma sta col busto eretto, come doveva stare sua nonna, un secolo fa, sulla porta di casa. Vedo però che il suo silenzio è inquieto: dietro la fascia nera degli occhi passano ombre più nere, interrotte, riprese, ora represse come un piccolo rutto, ora liberate come risate. E’ chiaro che la gente che ha intorno la comprime, la fa rientrare dentro la sua forma, come un liquido spanto che possa rifluire dentro il vaso, e starsene lì, buono buono.

Beve lo champagne, sublime, dell’ospite: e si prende la toppa. Dopo qualche minuto si alza dal suo angolo, grida che va al gabinetto, e quando ritorna, si siede in mezzo alla stanza, su un seggioletto in mezzo al grande tappeto verde. E’ come su un palcoscenico: sta seduta sempre col busto eretto e le zinne sporgenti: due belle zinne, perché, in questi ultimi tempi, si è rifatta bona: sempre come la nonna, con un vestito che chissà come mescola l’ultima moda con la moda eterna delle popolane ciociare e burine, se ne sta seduta in posizione di sfida.

La fascia le è cascata dalla faccia bianca, e i due occhi galleggiando sulla loro pece, lampeggiano timidi e malandri, lanciano occhiate di scorcio, troncate a metà, o prolungate con un’altra espressione, che distruggono e lasciano come uno stupido chi la guarda.

Questa sensazione di essere stupidi, che si prova di fronte a lei, si tramuta subito in tenero affetto: è la stessa cosa che capita a dei giovincelli, sia pure malandrini, che arrivano sparati in motocicletta davanti a una prostituta, che li aspetta, ferma, seduta su qualche panchina a Caracolla. Di fronte alla sua aria di sfida con cui si difende, anche i più dritti perdono la bussola, e stanno lì, locchi locchi, come davanti alla statua di una santa miracolosa.

Dall’aria di sfida di Anna, può nascere qualsiasi cosa: ma quello che ci si aspetta sempre, comunque, è che canti. Uno stornello. Di quelli vecchi, appena rinnovato da qualche allegra invenzione, e che finisce ridendo. Lei non può che esprimersi cantando, perché ciò che ha da esprimere è una cosa indistinta e intera: la pura vita, sua, e delle generazioni di donne romane che sono state al mondo prima di lei…

Pier Paolo Pasolini
(tratto da “Le regole di un’illusione: il cinema, i film” – Fondo Pier Paolo Pasolini) – Foto © Cinecittà Luce

Si ringrazia Città Pasolini