Nell’episodio del film “Siamo donne” (1953), diretto da Luchino Visconti, la Magnani interpreta se stessa rievocando un curioso fatto vissuto nel periodo della rivista. Il film, composto da quattro episodi diretti da quattro differenti registi italiani (Gianni Franciolini, Alfredo Guarini, Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Luigi Zampa), analizza la vita nell’arte di quattro attrici con l’intendo di studiarne e mostrarne i sentimenti, i pensieri e le reazioni di figure che apparivano lontane e quasi inavvicinabili al grande pubblico.

Ogni episodio prende il nome dell’attrice che lo recita, quasi a mostrare una curiosa rispondenza tra persona e personaggio che non si esaurisce mai nella prova attoriale e con essa non si svela pienamente.

Anna Magnani si racconta in prima persona, ironizzando sui luoghi comuni che hanno riguardato la sua vita e la sua carriera, come il suo caratteraccio e la sua forte personalità, in grado di produrre una stereotipizzazione del personaggio ma prima ancora della persona, della donna Anna Magnani, e tra i contemporanei e tra i posteri.

Visconti si affida a lei, come già aveva fatto in più occasioni per “Bellissima“, lasciandola libera di costruire da sé quel personaggio “Anna Magnani” quale fonte di innumerevoli sfaccettature e contraddizioni.

La Magnani, che interpreta se stessa all’epoca della rivista, prende un taxi per raggiungere il teatro in una tranquilla e soleggiata giornata romana. Porta con sé il suo cane, un delizioso bassotto che rimane accucciato al grembo alla sua padrona durante il tragitto. Giunti a Villa Borghese, nei pressi di piazza di Siena, decide di scendere per proseguire a piedi e godersi la splendida giornata. Al momento di pagare la corsa, il tassista chiede un supplemento per il trasporto del cane, sostenendo infatti che, come da regolamento, solo i cani “da grembo” non pagano il supplemento (di una lira in più), ma non gli altri.

L’attrice, dapprima divertita, poi infastidita, ribadisce affermando che il cane è “da grembo” e che quindi il tassista non aveva diritto alla lira in più. Ma l’uomo non molla e la discussione prosegue, assumendo toni divertenti e surreali. Entrambi non vogliono cedere di fronte alle proprie ragioni e decidono infine, per risolvere la questione, di coinvolgere dapprima una guardia (scelta che si rivelerà controproducente per la Magnani, costretta a pagare anche una multa perchè il cane si trovava sprovvisto di medaglietta), in seguito persino un’intera caserma dei Carabinieri. L’irruzione dell’attrice con il cane in braccio e il tassista al seguito genera ilarità tra i presenti.

I Carabinieri si mostrano disponibili a risolvere la controversia, che ormai è divenuta una questione di principio. Finalmente, l’antinomia verrà risolta in favore della Magnani, che, orgogliosa di quella vittoria morale e ringraziando le forze dell’ordine della disponibilità dimostrata, potrà anche ricomporre i dissapori con il tassista. Nel frattempo, in teatro si attende nervosamente il suo arrivo. Ma Nannarella, colpevolmente in ritardo, saprà ben ricompensare il pubblico dell’attesa cantando il famoso stornello “Com’è bello fa’ l’amore quann’è sera”, affascinando ed emozionando gli spettatori.

Nell’episodio sono espressi, in chiave comica e con la meravigliosa maestria alcuni temi che appaiono degni di riflessione. Le norme, che pure dovrebbero tendere a uniformità interpretativa e intelligibilità, si dimostrano di fatto non sempre sufficientemente chiare tanto da generare scontri interpretativi e semantici. Ma è emerge anche l’ostinazione dei personaggi, fermi nelle loro posizioni, tra due opposte verità. Nasce allora la necessità di chiedere alle forze dell’ordine, qui in veste di arbitro, di decidere per un verso o per l’altro.

In questa vicenda fa da sfondo la Roma degli anni ‘40, quella stessa città che poco tempo dopo assisterà ad atroci crimini quali conseguenze del conflitto mondiale. In una città non ancora belliggerante, ma già in odore di disfatta, i romani cercano distrazione ed affollano i teatri per assistere a quello che era uno dei generi più in voga all’epoca (la rivista, appunto).

Ed Anna Magnani era l’attrice di spicco, già amata e temuta, per la sua arte ma soprattutto per la sua esplosiva personalità, quale sintesi di una certa romanità che in essa si riconosce.

Con intelligenza e ironia, Anna Magnani tratteggia il proprio personaggio così come appariva (e forse appare ancora) al grande pubblico. Una donna forte e combattiva, ostinata e testarda, ma anche sensibile e comprensiva.

Tra le scene più curiose, perchè riguardante da vicino Anna Magnani, si segnala quella in cui l’attrice rilascia le proprie generalità alla guardia, rimarcando nel tono della voce il l’orgoglio di essere nata a Roma (e forse anche per chiudere la leggenda creatasi intorno alla sua città natale). La dichiarazione affascina ed emoziona lo spettatore, che può di fatto entrare, sia pure con la dovuta discrezione, nel mondo “privato” della grande attrice romana.

Il film, che già nel titolo svela l’omaggio alla donna, e non già solamente all’artista, rappresenta ancora oggi un piccolo gioiello della cinematografia italiana e, pur nell’eterogeneità delle storie narrate, è legato da un comune filo conduttore. Quello di Anna Magnani è forse il personaggio più riuscito, una sorta di omaggio di Visconti alla Magnani e di quest’ultima al suo fedele pubblico, innamorato e fiero della grande artista.

di Mariangelica Lo Giudice
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